Andare a caccia di notizie false costringe a molti interrogativi. Domande che sono precedenti alle fake news in s&eacute;, che non riguardano la...

Non è solo un problema di notizie false

Il narcisismo e l&rsquo;era social-digitale. &Egrave; interessante porre l&rsquo;attenzione sulle dinamiche scatenate dagli strumenti digitali guardandole dalla prospettiva del narcisismo. Freud nel 1914 in Introduzione al narcisismo d&agrave; una definizione di questo termine: &laquo;Il termine narcisismo deriva dalla descrizione clinica ed &egrave; stato scelto da N&auml;cke nel 1899 per designare il comportamento di una persona che tratta il proprio corpo allo stesso modo in cui &egrave; solitamente trattato il corpo di un oggetto sessuale, compiacendosi cio&egrave; sessualmente di contemplarlo, accarezzarlo e blandirlo, fino a raggiungere attraverso queste pratiche il pieno soddisfacimento. Sviluppato fino a questo grado il narcisismo ha il significato di una perversione che ha assorbito l&rsquo;intera vita sessuale dell&rsquo;individuo, ed &egrave; quindi soggetto alle aspettative con cui ci accostiamo allo studio di tutte le perversioni.&raquo; Gli studi riguardanti i processi di viralit&agrave; delle informazioni hanno dimostrato i collegamenti tra questo fatto e il narcisismo. Il narcisismo nella Rete ha trovato un nuovo specchio, nuove fonti di appagamento e nuove forme di adorazione. Andare a fondo di un fenomeno come le fake news significa, a sua spiegazione, andare a fondo dei meccanismi umani. &Egrave; fondamentale comprendere in pieno se stessi e la societ&agrave; in cui si vive per poter diventare un fattore differenziante e non replicante. Oggi la caccia ai replicanti &egrave; mutata. Non &egrave; pi&ugrave; quella di Rick Deckard, il protagonista del romanzo fantascientifico di Philip K. Dick Il cacciatore di androidi (Do Androids Dream of Electric Sheep? da cui nel 1982 &egrave; stato tratto Blade Runner di Ridley Scott). Qui la tecnologia aveva permesso la creazione di esseri robotici simili agli umani, oggi la tecnologia sta creando esseri umani simili ai robot. Internet ha estremizzato la dinamica del &ldquo;pregiudizio di conferma&rdquo;. La nostra mente pu&ograve; finalmente godere di un suo personalissimo harem virtuale con cui appagare il proprio bisogno di omologazione. Max Weber riteneva che &laquo;l&rsquo;uomo &egrave; un animale sospeso fra ragnatele di significati che egli stesso ha tessuto&raquo; e la cultura era rappresentata da queste &laquo;ragnatele&raquo;. Purtroppo le ragnatele della Rete stanno rendendo l&rsquo;uomo preda di se stresso. Le persone spesso si ritrovano a essere mosche intrappolate in contenuti falsi, falsati e fortemente emotivi, che lasciano un&rsquo;impronta nel nostro cervello. La parola d&#39;ordine &egrave; emozionarsi: un&rsquo;emozione totale, collettiva, globale, a tratti al limite dell&rsquo;isteria. Si gioisce, si protesta, si inveisce a flusso ininterrotto. E si aspetta un like, una notifica, un cenno di quella conferma e approvazione di cui si ha tanto bisogno. <blockquote>&laquo;Caro compatriota, devo umilmente confessarlo. Sono sempre stato pieno di vanit&agrave; da scoppiare. Io, io, io, ecco il ritornello della mia cara vita, riecheggiante in tutto quel che dicevo.&raquo; (Albert Camus)</blockquote> La vanit&agrave;, miei cari signori, la vanit&agrave;. Alzi la mano chi non ha mai fatto egosurfing. La tentazione &egrave; troppo forte per non esserci incappati nemmeno una volta, digitando il proprio nome in un motore di ricerca per verificare come e quanto si &egrave; presenti nel web. Correva l&rsquo;anno 1998 quando l&rsquo;Oxford English Dictionary ha introdotto questo neologismo (che ha molto a che vedere anche con la reputazione virtuale personale o professionale, ossia la ricerca online volta a verificare l&rsquo;esattezza delle informazioni e dei dati che ci riguardano, tema che merita un capitolo a parte). Egosurfando ci cerchiamo. Non avevamo bisogno di internet per sapere che l&rsquo;io si costituisce e si sviluppa tramite l&rsquo;interazione con l&rsquo;Altro. La mente umana ha una natura sociale e attraverso la comunicazione con l&rsquo;altro pu&ograve; sviluppare l&rsquo;intelligenza e il senso del s&eacute;. La realt&agrave; virtuale sta per&ograve; cambiando la realt&agrave; percepita. L&rsquo;Altro virtuale &egrave; l&rsquo;ennesimo specchio di cui necessitiamo per riavere la nostra immagine. Internet consente un&rsquo;estasi narcisistica autocontemplativa, di infinito specchiamento e autocompiacimento. La definizione di Marshall McLuhan di media include &laquo;qualunque tecnologia crei un&rsquo;estensione del corpo umano e dei sensi, dall&rsquo;abbigliamento al computer. E un punto fondamentale, che ripeto, &egrave; quello che le societ&agrave; sono sempre state modellate pi&ugrave; dalla natura dei media con cui gli uomini comunicano che dal contenuto di tale comunicazione. Qualunque tecnologia possiede il tocco di re Mida; quando una societ&agrave; sviluppa un&rsquo;estensione di se stessa, tutte le altre funzioni di quella societ&agrave; tendono a trasformarsi per adattarsi alla nuova forma; una volta che una nuova tecnologia penetra una societ&agrave;, essa ne satura ogni istituzione. Le nuove tecnologie sono, quindi, agenti del cambiamento.&raquo; L&rsquo;Homo Sapiens &egrave; da sempre Homo Technologicus, scopre e inventa nuovi strumenti da cui viene a sua volta modificato. Se in passato questo processo era lento e graduale, adesso l&rsquo;accelerazione esponenziale e inarrestabile sta sottoponendo l&rsquo;essere umano a cambiamenti sempre pi&ugrave; repentini. L&rsquo;uomo &egrave; in continua evoluzione biologica, culturale e tecnologica. Questa rapidit&agrave; ha conseguenze non trascurabili, di fragilit&agrave; e instabilit&agrave;: sulla nostra psiche, sulla nostra personalit&agrave; e sulla nostra identit&agrave;. Per questo &egrave; necessario comprendere le trasformazioni rivoluzionarie causate dai nuovi media. <blockquote>&laquo;Le persone stanno iniziando a capire la natura della loro nuova tecnologia, ma il loro numero non &egrave; ancora sufficiente &ndash; e la loro comprensione non &egrave; abbastanza profonda. Molta gente, come ho indicato, si tiene ancora avvinta a quella che ho chiamato una visione del loro mondo dallo specchietto retrovisore. Con ci&ograve; intendo dire che, a causa dell&rsquo;invisibilit&agrave; di ogni ambiente durante il periodo della sua prima manifestazione, l&rsquo;essere umano &egrave; cosciente solo dell&rsquo;ambiente che lo ha preceduto; in altre parole, un ambiente diviene pienamente visibile solo quando &egrave; stato soppiantato da un ambiente nuovo; quindi, siamo sempre un passo indietro nella nostra visione del mondo. Visto che siamo storditi da ogni nuova tecnologia &ndash; che a sua volta crea un ambiente totalmente nuovo &ndash; tendiamo a rendere pi&ugrave; visibile il vecchio ambiente [&hellip;] Il presente &egrave; sempre invisibile poich&eacute; &egrave; ambientale e satura l&rsquo;intero campo dell&rsquo;attenzione in modo totale; nessuno quindi, eccetto l&rsquo;artista, l&rsquo;uomo dalla coscienza integrale, &egrave; vivo quando un nuovo giorno inizia. Nel bel mezzo dell&rsquo;era elettronica del software e del movimento istantaneo dell&rsquo;informazione, crediamo ancora di vivere nell&rsquo;era meccanica dell&rsquo;hardware. Al culmine dell&rsquo;era meccanica, l&rsquo;uomo guardava indietro, verso i secoli precedenti, alla ricerca di valori &ldquo;pastorali&rdquo;. Il Rinascimento e il Medioevo erano completamente orientati verso Roma; Roma era orientata verso la Grecia, e i Greci erano orientati verso gli arcaici pre-omerici. Capovolgiamo cos&igrave; l&rsquo;antica norma del cercare di apprendere procedendo da ci&ograve; che &egrave; familiare verso ci&ograve; che &egrave; sconosciuto, andando in realt&agrave; da ci&ograve; che sconosciuto verso ci&ograve; che &egrave; familiare, il che non fa altro che tradurre il meccanismo annebbiante che si verifica ogni volta che un nuovo mezzo estende drasticamente i nostri sensi. [&hellip;] Nel passato, gli effetti dei media venivano sperimentati in maniera pi&ugrave; graduale, e ci&ograve; permetteva all&rsquo;individuo e alla societ&agrave; di assorbire e attutire in una certa misura il loro impatto. Oggi, nell&rsquo;era elettronica della comunicazione istantanea, credo che la nostra sopravvivenza, e alla fin fine il nostro benessere e la nostra felicit&agrave;, si fondino sulla comprensione della natura del nostro nuovo ambiente, poich&eacute;, diversamente dai mutamenti che avvenivano nel passato, il mezzo elettronico realizza una trasformazione della cultura, dei valori e delle attitudini totale e pressoch&eacute; istantanea. Un tale sconvolgimento genera sofferenza e perdita d&rsquo;identit&agrave;, che possono essere curate solo con il raggiungimento della consapevolezza delle dinamiche in opera. Se comprendiamo le trasformazioni rivoluzionarie causate dai nuovi media, possiamo prevederle e controllarle; ma se perseveriamo nella nostra trance auto-indotta, ne diverremo gli schiavi. A causa dell&rsquo;impressionante velocit&agrave; con cui oggi si muovono le informazioni, abbiamo la possibilit&agrave; di conoscere, prevedere e influenzare le forze ambientali che ci modellano &ndash; e quindi riprendere il controllo del nostro destino. Le nuove estensioni dell&rsquo;essere umano e l&rsquo;ambiente che esse generano sono le manifestazioni centrali del processo evolutivo, e tuttavia ancora non siamo in grado di liberarci dall&rsquo;illusione che sia il modo in cui un mezzo &egrave; utilizzato che conta, e non tanto che cosa esso fa a noi e con noi. Questo &egrave; l&rsquo;atteggiamento da zombie dell&rsquo;idiota tecnologico. &Egrave; per sfuggire a questa trance da Narciso che ho cercato di scoprire e far conoscere l&rsquo;impatto dei media sull&rsquo;essere umano, dall&rsquo;inizio della storia conosciuta fino al presente.&raquo;*</blockquote>(*estratto dell&rsquo;intervista a McLuhan, &nbsp;Playboy Magazine, marzo 1969)

Egosurfiamo

Samuel Butler, nei suoi Taccuini scrive: &laquo;Poco importa che cosa odiamo, purch&eacute; odiamo qualcosa&raquo;. Lo scrittore inglese non ha potuto assistere all&rsquo;avvento di internet ma decisamente la sua affermazione ben si adatta ad alcuni fenomeni online di esternazione dell&rsquo;odio. Hate speech, shitstorm, cyberbullismo, cambia la forma ma non il sentimento: odio dunque sono. Mario Morcellini, commissario dell&rsquo;AGCOM, Autorit&agrave; per le garanzie nelle comunicazioni, nel suo articolo su Il Foglio del 30 ago 2017 intitolato proprio Odio ergo sum, analizza il fenomeno legato all&rsquo;odio online: &laquo;Occorre dire con chiarezza che l&rsquo;incitamento all&rsquo;odio sul web (hate speech), i sentimenti di denigrazione dell&rsquo;altro (cyberbullismo) e la diffusione di notizie false (fake news) non presentano alcuna congruenza con il principio costituzionalmente tutelato della libert&agrave; di manifestazione del pensiero&raquo;. L&rsquo;odio facile, che prospera sul web, che va a nozze con i social, luogo di sfogo, di rabbia, in cui &laquo;&egrave; diventato pi&ugrave; semplice attaccare l&rsquo;altro, distruggerlo, delegittimarlo e denigrarlo, piuttosto che argomentare una posizione con proprie idee&raquo;. La propria idea diviene l&rsquo;arma per colpire. E quando a colpire si &egrave; in tanti, la valanga di odio diventa inarrestabile e di una furia cieca. Recentemente ad aver provato sulla propria pelle le maledizioni e gli auguri di morte &egrave; stato Ivan Zaytsev con il suo post &laquo;E anche il meningococco &egrave; fatto! Bravissima la mia ragazza sempre sorridente&raquo;, riferito alla vaccinazione di sua figlia, travolta anch&#39;essa dall&#39;ondata di astio. Gli shtistorm non perdonano. Si &egrave; aspettato troppo tempo per mettere a caratteri cubitali che il web non &egrave; terra di nessuno. Si &egrave; lasciato credere che proprio in questo spazio, cos&igrave; ampio e libero, tutto fosse possibile, senza conseguenza alcuna. All&rsquo;inizio gli odiatori seriali di professione o amatoriali si proteggevano con l&rsquo;anonimato per colpire il proprio bersaglio, che fosse un personaggio famoso, un&rsquo;azienda o il malcapitato di turno. Ormai chi insulta non ha problemi a farlo con la propria foto, il proprio nome e cognome. L&rsquo;odio social &egrave; riconoscibile e perfettamente individuabile e ci&ograve; non placa la sua irrefrenabile e tracotante prepotenza. Talmente sovrabbondante che ormai nulla si salva e l&rsquo;informazione &egrave; infarcita della stessa rabbia gratuita. L&rsquo;odio unisce, l&rsquo;odio aggrega, l&rsquo;odio &egrave; la massima manifestazione di un nuovo tipo di anonimato virtuale: quello che fonde i singoli individui in un corpo collettivo&nbsp;(chiamatelo massa, gregge o sciame digitale). Didier Anzieu, psicoanalista francese, nel 1975 parla di &ldquo;anonimato collettivo&rdquo;. Ne Il gruppo e l&rsquo;inconscio verifica come le persone appartenenti a un gruppo largo si sentano come costantemente immersi e totalmente sommersi nell&rsquo;anonimato collettivo: pi&ugrave; i partecipanti sono numerosi e meno &egrave; possibile per gli individui stabilire relazioni interindividuali tali da consentirgli di esistere come singole persone. Il cyberspazio nella sua infinita ampiezza e illimitata possibilit&agrave; di passaggi e relazioni fa sperimentare l&rsquo;appartenenza a un gruppo ampissimo, talmente ampio da depersonalizzare. Cosa pu&ograve; accadere quando si entra in questo immenso luogo digitale? Che il sentimento dell&rsquo;odio trovi la modalit&agrave; perfetta per sfogarsi, non rischiando alcuna sanzione sociale e fregandosene di quella penale: &laquo;insultano tutti, insulto anch&rsquo;io e mi sento meno colpevole&raquo;. Uno, nessuno e centomila, &laquo;che mi chiami Pinco Pallino o Giovanni Rossi &ndash; e in particolare se non ho la bench&eacute; minima rilevanza pubblica &ndash; io sono nessuno e allo stesso tempo sono tutta la community. O almeno la parte che in quel momento &egrave; impegnata con me e non so quanti altri nel dileggio collettivo a tinte necrofile&raquo;. Insomma, in internet si vive come se non si rischiasse nulla, milioni di utenti virtuali il cui nome e cognome, ammesso che sia vero, si scioglie in mezzo a mille altri miriadi di profili, scordandosi per un momento che gli account sono persone. Nella dichiarazione dei diritti di Internet promossa dalla Camera dei deputati si legge: &laquo;L&rsquo;uso consapevole di Internet &egrave; fondamentale garanzia per lo sviluppo di uguali possibilit&agrave; di crescita individuale e collettiva, il riequilibrio democratico delle differenze di potere sulla Rete tra attori economici, Istituzioni e cittadini, la prevenzione delle discriminazioni e dei comportamenti a rischio e di quelli lesivi delle libert&agrave; altrui&raquo;. Gli strumenti ci sarebbero, in Italia per esempio l&rsquo;hate speech rientra nel reato penale della diffamazione, che se divulgato con un mezzo di comunicazione di massa &nbsp;&egrave; diffamazione aggravata. Ma ce lo siamo dimenticati, tutti quanti. In questo modo i deliri rabbiosi hanno avuto tempo, modo e spazio per infestare il campo virtuale altrui. Sempre Anzieu scrive: &laquo;Se i partecipanti sono lasciati liberi di sedersi dove vogliono, si nota la tendenza della maggioranza di costoro a stringersi assieme&raquo;. Ci si stringe compatti dietro agli insulti, discriminazioni, misoginia, istigazione alla violenza, omofobia, fake news razziste, anti-scientifiche, revenge porn. Twitter, messo sotto accusa per la massiccia diffusione degli hater e delle fake news, sta correndo ai ripari. Ha infatti comprato la startup Smyte per tutelare i propri utenti da troll, hater e fake news: &laquo;Il team Smyte ha affrontato molti problemi che riguardano la sicurezza online e crede nello stesso approccio proattivo che stiamo adottando per Twitter: fermare comportamenti abusivi prima che incidano sull&rsquo;esperienza di chiunque. I loro strumenti e processi di revisione si uniranno alle nostre tecnologie che aiutano a mantenere Twitter un posto sicuro&raquo;. Il compito di Smyte sar&agrave; quindi quello di difendere la community (ma soprattutto gli interessi) di Twitter da post e contenuti violenti e i tweet attribuibili a troll. L&rsquo;arma pi&ugrave; potente per&ograve; rimane quella in mano all&rsquo;uomo.&nbsp;Il digitale deve diventare competenza di base come lo &egrave; diventata a suo tempo la scrittura. Alfabetizzazione digitale. Se fino a ieri le competenze base richieste per poter reggere il confronto con il mondo e il resto dell&rsquo;umanit&agrave; erano leggere, scrivere e fare di conto, cambiando il mondo cambiano anche le competenze. Se quella digitale poteva essere nata come un qualcosa di nicchia, quanto accade nel web ci sta dicendo che ormai deve essere considerata indispensabile per tutti. Per difesa nostra e per difesa dello spazio virtuale. Cambiando la propria visione del mondo, in questo caso quello digitale, si avrebbero persone dotate di strumenti adeguati per comprendere come comportarsi anche davanti a una fake news o a un hater. I social network danno la possibilit&agrave; di segnalare i contenuti inappropriati e i discorsi d&rsquo;odio, denunciando alle forze dell&rsquo;ordine quelli gravi che sono sanzionabili secondo il diritto vigente. Uniti si pu&ograve; iniziare una vera e propria azione controcorrente, divulgando tutte quelle notizie e informazioni che smentiscono fake news e hate speech.

Gli odianti

Venerd&igrave; 22 giugno nell&rsquo;Auletta dei Gruppi si &egrave; tenuto il primo evento della XVIII Legislatura targato Intelligence Collettiva, legato alla tecnologia blockchain. Il nostro progetto TrueInChain era tra i protagonisti grazie agli interventi dei fondatori Marco Franco e Nicol&ograve; Russo, tra i relatori di questo importante appuntamento. L&#39;interesse dimostrato verso di noi, a partire dalle istituzioni, &egrave; sempre pi&ugrave; alto. TrueInChain &egrave; innovativo, giovane, parla italiano ma guarda al mondo, e soprattutto ha alla base il desiderio di cambiare lo status quo delle cose, riportando al centro del discorso i principi etici su cui si deve basare la democrazia e la corretta informazione. Le fake news sono solo la punta di un iceberg, sono la spia luminosa di problemi pi&ugrave; complessi che riguardano l&#39;analfabetismo funzionale, la capacit&agrave; di un giudizio critico, il possedere gli strumenti per decifrare contenuti artefatti, volutamente manipolati, fuorvianti. La tecnologia blockchain &egrave; uno strumento per riportare al centro l&#39;umano, per costruire una community di valore e di valori. <iframe width="640" height="360" src="https://www.youtube.com/embed/YgJ6HQQQ5io?wmode=opaque" frameborder="0" allowfullscreen="" class="fr-draggable"></iframe> &quot;Come sempre l&#39;obiettivo &egrave; diffondere la cultura della sicurezza per costruire insieme un Paese pi&ugrave; sicuro, aiutando la nostra Intelligence a diventare tra le migliori nello scenario internazionale. Solo accrescendo la consapevolezza di cittadini, aziende ed istituzioni, potremo rafforzare la sicurezza del Sistema paese nel suo insieme. La Sicurezza Nazionale &egrave; il cuore pulsante della democrazia, un bene comune da tutelare per difendere con forza la nostra sovranit&agrave; ed il nostro posizionamento sullo scacchiere internazionale. L&rsquo;Interesse Nazionale deve essere la stella polare di chi governa. Dopo aver parlato della storia dei Servizi segreti, delle nuove minacce cibernetiche, dopo aver approfondito il funzionamento del Sistema informativo italiano e di quello delle principali potenze mondiali, dopo aver approfondito il concetto di sicurezza del Sistema paese, dopo aver simulato attraverso un quiz game il realizzarsi di un evento critico in un paese terzo, in questo settimo evento del ciclo Intelligence Collettiva scopriremo insieme la nuovissima tecnologia blockchain.&quot; &nbsp;Interventi: Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico Sottosegretario di Stato alla Difesa Angelo Tofalo &ndash; &nbsp;Introduzione al VII evento di Intelligence Collettiva Sottosegretario di Stato alla Difesa Raffaele Volpi Dott Nicol&oacute; Russo &ndash; Co-founder &amp; Data Scientist TrueInChain, Dottorando IASSP &ndash; &ldquo;Il funzionamento della tecnologia Blockchain&rdquo; Dott Federico Squartini &ndash; Fisico, PhD in Bioinformatica, esperto di Blockchain, sistemi distribuiti e crittografia &ndash; &ldquo;Blockchain e identit&agrave; digitale&rdquo; Dott Marco Franco &ndash; Segretario generale IASSP, co-founder e project leader di TInC &ndash; &ldquo;Post verit&agrave; e democrazia: la blockchain ci salver&agrave; dalle fake news?&rdquo; Avv. Fulvio Sarzana &ndash; Professore straordinario di &ldquo;Diritto della societ&agrave; digitale&rdquo; &ndash; &ldquo;Profili normativi e regolamentari della Blockchain e dell&rsquo;intelligenza artificiale&rdquo; Dott Vincenzo Di Nicola &ndash; Co-Ceo di Conio S.r.l. (Portafoglio Bitcoin Conio) &ndash; &ldquo;Dal Bitcoin alle votazioni: la Blockchain per una democrazia diretta&rdquo; Con autorevoli relatori abbiamo approfondito temi inerenti l&rsquo;Intelligence e la sicurezza.

Intelligence Collettiva: la tecnologia Blockchain. TrueInChain alla Camera dei Deputati

<header>Parliamo di TrueInChain con Marco Franco, co-ideatore insieme a Nicol&ograve; Russo di una realt&agrave; che verr&agrave; presentata il prossimo 11 Maggio presso l&rsquo;Istituto IASSP di Milano e che si candida a essere nel prossimo futuro una delle start up pi&ugrave; interessanti del panorama nostrano in materia di blockchain.</header> Stanchi di dovere rispondere ai troll? Stanchi di dovere rispondere a quelli che rispondono ai troll? Stanchi di vedere per l&rsquo;ennesima volta sulla vostra bacheca che Sylvester Stallone &egrave; morto e per di pi&ugrave; per un problema alla prostata? Abbiamo il progetto che potrebbe liberarvi da questa schiavit&ugrave;. E, udite udite, &egrave; interamente italiano, elemento che ribadisce ancora una volta la bont&agrave; dei pensatori &ldquo;Made in Italy&rdquo;. Ne abbiamo discusso con Marco Franco (Segretario Generale IASSP), co-ideatore di TrueInChain insieme a Nicol&ograve; Russo (Dottorando IASSP), una realt&agrave; che verr&agrave; presentata il prossimo 11 Maggio presso l&rsquo;Istituto IASSP&nbsp;di Milano e che si candida a essere nel prossimo futuro una delle start up pi&ugrave; interessanti del panorama nostrano in materia di blockchain. Ciao Marco, raccontaci come &egrave; nata questa idea?Per mesi abbiamo osservato alcuni utenti di Facebook promotori di falsi profili, soffermando l&rsquo;attenzione soprattutto sulla loro comunicazione, che scatenava reazioni assurde nelle persone e un acuirsi della loro rabbia su diverse tematiche scelte&nbsp;ad hoc. Queste fake page e fake people costruivano e promulgavano fake news intenzionalmente, per manipolare e veicolare la rabbia delle masse. Questa osservazione, sotto forma di dialogo a volte serio e a volte scherzoso tra me e Nicol&ograve;, si &egrave; trasformata in una chiara intenzione: non essere semplici osservatori ma diventare attori di un cambiamento trovando un sistema che mettesse un freno a tutta la spazzatura virtuale o perlomeno che identificasse la spazzatura come tale.Nella filiera delle fake news ci sono pi&ugrave; attori, ognuno con il proprio grado di &ldquo;colpevolezza&rdquo;: da chi le fabbrica a chi le diffonde intenzionalmente, a chi ci crede e le diffonde per ignoranza (perch&eacute; un click &egrave; pi&ugrave; facile della ricerca della verit&agrave; e perch&eacute; purtroppo il sensazionalismo sotto forma di fake news ha un appeal maggiore). L&rsquo;ignoranza per&ograve; pu&ograve; far danni, quindi &egrave; necessario un sistema che identifichi e etichetti le notizie cattive, distinguendole da quelle buone. Bertolt Brecht diceva che &ldquo;chi non conosce la verit&agrave; &egrave; uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, &egrave; un delinquente&rdquo;. Della serie &ldquo;se vuoi nutrirti di fake news, sei liberissimo, ma sappi che diffondendo notizie marce stai scegliendo di far parte di quel marciume&rdquo;. Perch&eacute; avete pensato alla blockchain?Nel gergo giornalistico si dice che con il giornale del giorno prima ci si incarta il pesce. Con questo voglio dire che una volta prodotta, che sia &laquo;reale&raquo; o &laquo;falsa&raquo;, la notizia viene abbandonata e circola liberamente nel web. Quindi quando una notizia o soprattutto una fake news viene immessa nella rete si perde traccia di chi l&rsquo;ha prodotta, sia esso un giornale o una persona. Questo perder traccia crea la possibilit&agrave; di metterci mano infinite e infinite volte, rimaneggiando o addirittura stravolgendo la notizia di partenza. Ve lo ricordate il gioco del telefono senza fili? che da una parola iniziale detta all&rsquo;orecchio del primo del gruppo, ne usciva una totalmente differente e assurda alla fine? Ecco, accade questo, che sia fatto intenzionalmente o meno. Purtroppo non si calcolano i danni alla reputazione di chi &egrave; messo sotto attacco dalle fake news, mentre sinora non ci sono state gravi conseguenze per chi le promulga. Come mai &egrave; stato possibile arrivare sino a questo punto?Qualsiasi meccanismo per impedire la viralit&agrave; &egrave; risultato finora fallimentare. Esiste a livello legislativo la diffamazione a mezzo stampa ma, ahim&egrave;, non mi risulta che vi sia altrettanto per i &laquo;reati virtuali&raquo; di questo tipo. Internet &egrave; stata a lungo terra di nessuno, un far web in cui vinceva chi era pi&ugrave; veloce a maneggiar la pistola e dal grilletto facile. Chi sparava per primo e pi&ugrave; fake news non veniva punito, vigeva le legge del pi&ugrave; forte. Ancora oggi le fake news rimangono impunite e tutte le azioni volte a contrastarle sono risultate fallimentari perch&eacute; agivano su un controllo ex ante e non su un controllo ex post. Qual &egrave; il punto di forza del vostro progetto?Nella matrix dell&rsquo;informazione si perde traccia di chi ha promulgato la bufala, non c&rsquo;&egrave; uno scoring ma soprattutto un ranking dei promulgatori di fake news &ldquo;fattivamente&rdquo; riscontrabili. Qui entra in gioco la potenza di una tecnologia come la blockchain: rendere le fake news tracciabili e immodificabili.Con TrueInChain verr&agrave; creato un database che tenga conto del panorama giornalistico italiano, con la peculiarit&agrave; che d&agrave; la blockchain, ossia sar&agrave; accessibile e ogni notizia sar&agrave; verificabile. Ci&ograve; consente di avere una informazione trasparente per ogni utente e direi che gi&agrave; questo non &egrave; poco in questi periodi di magra democratica.Il nostro obiettivo &egrave; diventare un validatore di notizie, un riferimento a cui guardare per verificare l&rsquo;attendibilit&agrave; o meno di una informazione. Con il lancio operativo di TrueInChain formeremo una community, con il coinvolgimento del mondo dei debunker (&egrave; previsto un sistema di incentivi per quanti aderiranno alla mission del progetto). Uno dei relatori dell&rsquo;evento di presentazione sar&agrave; infatti Michelangelo Coltelli di&nbsp;<a href="http://www.butac.it/" target="_blank" title="BUTAC">BUTAC</a>, uno dei principali debunker con <a href="http://www.attivissimo.net/" rel="nofollow" target="_blank">Paolo Attivissimo</a> e <a href="https://www.davidpuente.it/blog/" rel="nofollow" target="_blank">David Puente</a>.In questi anni di progressiva &ldquo;bufalizzazione&rdquo; dell&rsquo;informazione, i debunker hanno lottato incessantemente alla ricerca delle notizie false, smontandole con perizia certosina. Insieme a loro potremo finalmente incatenare ogni menzogna. [tratto da Formiche.net <a href="http://formiche.net/2018/05/smascherare-le-fake-news-con-trueinchain-un-progetto-italiano/">http://formiche.net/2018/05/smascherare-le-fake-news-con-trueinchain-un-progetto-italiano/</a>]

Ecco come smascherare le fake news con la “catena dei blocchi”. Nasce TrueInChain, un progetto tutto italiano

Fake news &egrave; la parola del momento. Decretata non a caso parola dell&rsquo;anno 2017 dal Collins Dictionary, si iniziano a vedere gli effetti del meccanismo perverso associato alla diffusione delle bufale.Sembravano partite come notiziole innocue, che solleticavano la &ldquo;cliccaggine&rdquo; e la condivisione, invece la loro contagiosa viralit&agrave; ha ben attaccato ogni ambito dell&rsquo;informazione. E non a caso ovviamente, il caos informativo &egrave; una potente arma per chi vuole pilotare, manipolare, confondere. <h2>Fake news, come evitare la diffusione</h2>La verit&agrave; &egrave; ormai in dubbio. &Egrave; su questo dato di fatto che ha preso il via il progetto <a href="http://trueinchain.org/">TrueInChain</a>, che permette di contrastare le fake news attraverso la tecnologia blockchain, che verr&agrave; presentato l&rsquo;11 maggio presso l&rsquo;Istituto IASSP di Milano nella cornice del seminario &ldquo;La possibilit&agrave; della verit&agrave;. Smascherare le fake news con la blockchain?&rdquo;.Il progetto, ideato da Marco Franco, segretario generale dello IASSP, &egrave; stato sviluppato con un team di cui fanno parte Nicol&ograve; Russo, un dottorando IASSP, e Lorenzo Echeoni (CEO G2R). L&rsquo;11 maggio saranno inoltre presenti: Francesco Borgonovo, Caporedattore &ldquo;La Verit&agrave;&rdquo;, Michelangelo Coltelli, Fondatore Butac,&nbsp;Roberto Siagri, CEO Eurotech. <h3>TrueInChain: quando l&rsquo;innovazione pu&ograve; svelare la menzogna</h3>C&rsquo;&egrave; un bel libro di Philip K. Dick intitolato La penultima verit&agrave; (The Penultimate Truth, 1964). Era uno tra gli otto preferiti dallo stesso scrittore, un romanzo ambientato in un futuro apocalittico successivo alla terza guerra mondiale, nel quale affronta i temi a lui cari quali la manipolazione della realt&agrave; e la dicotomia autentico/falso.Per scampare dagli effetti nocivi delle radiazioni, l&rsquo;intera umanit&agrave; &egrave; costretta a vivere sottoterra in una sorta di gigantesco formicaio.Un thriller fantascientifico al limite del paranoico, dalla trama veramente interessante, in cui Dick con molta &ldquo;leggerezza&rdquo; e ironia riesce a toccare i nervi scoperti di una umanit&agrave; ancora lungi dall&rsquo;esistere ma nei cui tratti possiamo facilmente prefigurare scenari verosimili.Qui vediamo in azione robot costruiti dagli uomini per poter combattere in superficie la guerra al posto loro. Accade per&ograve; che un uomo salito in superficie riesce a scoprire quanto la realt&agrave; raccontata alla televisione dal Presidente eternamente giovane sia totalmente difforme da quella vista con i propri occhi.Non avviene forse questo? Che viviamo sottoterra, incapaci spesso di conoscenza e informazione vera?&nbsp;La societ&agrave; ha bisogno di un sistema in grado di riconoscere e certificare la menzogna. <h3>Blockchain contro fake news</h3>Marco Franco spiega che &ldquo;nella moderna informazione &egrave; impossibile tener traccia delle personalit&agrave; e dei siti che promulgano le fake news&rdquo;, inoltre non si riesce ad attribuire un ranking legato alla propria accountability e quindi ai modelli di comportamento del passato. Come si inserisce la blockchain in questo? &ldquo;Uno dei punti di forza della blockchain &egrave; proprio legato alla conservazione, in questo caso delle fake news, senza che nessuno possa intervenire nella falsificazione delle stesse&rdquo;.Menzogna e verit&agrave; non viaggiano alla stessa velocit&agrave; (i bot controllano il web), e la menzogna non ha una reale contropartita. Smentita una bufala se ne origina immediatamente un&rsquo;altra, senza la possibilit&agrave; di tenere traccia e contezza di tutte le informazioni. La diffusione della notizia falsa &egrave; aiutata dall&rsquo;immediato rimbalzo di giornalisti poco scrupolosi nella verifica dell&rsquo;informazione. Da qui si producono nuovi trend topic che contagiano gli utenti.L&rsquo;intento del progetto TrueInChain &egrave; proprio quello di disturbare positivamente questo meccanismo a cascata, mettendo in competizione debunker e promotori di fake &ldquo;con l&rsquo;obiettivo finale di creare un indice ed un ranking che consenta di fornire una visione della realt&agrave; giornalistica, attraverso l&rsquo;ausilio di un team validatore delle fake news ritenute false oggettivamente che finiscono direttamente nella blockchain visitabile da tutti gli utenti.&rdquo; <h3>&ldquo;La falsificazione &egrave; una minaccia&rdquo; (anche per la stessa democrazia)</h3>Liquidare questa affermazione tacciandola per l&rsquo;ennesimo inutile allarmismo &egrave; una scelta sciocca e superficiale, ne va del benessere della nostra democrazia.<blockquote>&ldquo;La manipolazione dell&rsquo;opinione pubblica attraverso le fake news &egrave; una minaccia reale alla stabilit&agrave; e alla coesione delle nostre societ&agrave; europee&rdquo; &ndash; Julian King,&nbsp;commissario UE alla sicurezza</blockquote>La crisi finanziaria del 2007-2008 ha nutrito la rabbia delle persone pi&ugrave; povere nei confronti delle &eacute;lite, ricche e privilegiate. Questa battaglia &egrave; culturale e ha creato nuove divisioni, non pi&ugrave; in base alle classi sociali ma all&rsquo;identit&agrave;.Ci&ograve; significa che si &egrave; creato in questi anni un clima pericoloso, in cui si sono inseriti i social media, oltre ai canali televisivi. Gli effetti sono stati a lungo minimizzati, in primis la capacit&agrave; di influenzare le scelte (anche politiche) di ognuno di noi selezionando foto, notizie e annunci mostrati ad ogni utente in modo personalizzato. Con le fake news si &egrave; chiuso il cerchio.Se nei paesi ricchi si tocca il telefono pi&ugrave; di 2.600 volte al giorno, cosa accade alla percezione della realt&agrave; se per 2600 volte leggiamo bufale, spinte dal trend della politica del disprezzo, in cui la verit&agrave; vale meno delle falsit&agrave;?Qualche mese fa l&rsquo;Economist si chiedeva: &ldquo;<a href="https://www.economist.com/news/leaders/21730871-facebook-google-and-twitter-were-supposed-save-politics-good-information-drove-out">Do social media threaten democracy?</a>&rdquo; commentando che sarebbe stato &ldquo;meraviglioso se un tale sistema di condivisione delle informazioni aiutasse la verit&agrave; a salire in superficie, ma purtroppo accade il contrario&rdquo;, sempre pi&ugrave; persone credono alle notizie diffuse dai social.Diffidiamo dalle bugie, il passato &egrave; testimone di quanto sia pericolosa la loro diffusione: &ldquo;Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventer&agrave; una verit&agrave;&rdquo; (Joseph Goebbels). [tratto da 2duerighe.com <a data-fr-linked="true" href="https://www.2duerighe.com/attualita/100121-blockchain-contro-le-fake-news.html]">https://www.2duerighe.com/attualita/100121-blockchain-contro-le-fake-news.html]</a>

Smascherare le fake news: la blockchain può aiutarci

Blockchain &egrave; la parola del momento. Salita alla ribalta con il boom mediatico delle criptovalute, la ritroviamo oggi presa in prestito dai pi&ugrave; svariati ambiti dello scibile umano. Ci sono i connubi credibili, come quelli con il mondo bancario e finanziario, quelli auspicabili legati alle utility, fino ad arrivare poi agli utilizzi impropri del termine. Un&rsquo;interpretazione pratica che questa tecnologia potrebbe avere riguarda anche uno dei problemi che affliggono l&rsquo;informazione: le fake news. Si tratta di un progetto interamente italiano, alla cui testa ci sono Marco Franco e Nicol&ograve; Russo, co-ideatori di TrueInChain. A presentarcela &egrave; lo stesso Franco. L&#39;11 maggio verr&agrave; presentato presso la sede milanese dello Iassp (Istituto di Alti Studi Strategici e Politici) TrueInChain, un progetto che la vede impegnato insieme a un team nel contrastare la diffusione delle bufale in rete. Quando il fenomeno Bitcoin &egrave; esploso non tutti hanno intuito che la vera innovazione era la tecnologia sottostante, la blockchain. Perch&eacute; pu&ograve; essere un&#39;arma contro le fake news? Ci pu&ograve; spiegare come &egrave; nato questo progetto?Innanzitutto grazie al supporto di Lorenzo Echeoni Ceo di G2R e Nicol&ograve; Russo (dottorando Iassp) e tutte le persone dell&rsquo;Istituto senza le quali questo progetto non avrebbe mai potuto vedere la luce. Tutto &egrave; nato durante una domenica d&rsquo;inverno stranamente soleggiata. Mi rilassa correre perch&eacute; mi distoglie e scarica dallo stress di una citt&agrave; frenetica come Milano. &Egrave; infatti in uno di questi momenti che ho iniziato a dare forma all&#39;idea alla base del progetto.Ho per mesi osservato alcuni utenti su Facebook promotori di falsi profili, soffermando l&rsquo;attenzione soprattutto sulla loro comunicazione e su quello che scatenava nelle persone. La creazione di personaggi rispecchiava le tendenze rabbiose della nostra societ&agrave;. L&rsquo;immigrato che rubava, il senatore che ostentava la sua ricchezza, il medico che parlava di vaccini, personaggi virali che palesemente erano inventati ma che facevano presa sui social... Cosa ha scoperto?La cosa interessante era la reazione degli utenti che credevano fermamente in quello che veniva detto. La loro rabbia a lungo inespressa trovava finalmente nei commenti un luogo virtuale in cui potersi esprimere, nella modalit&agrave; disarmante e imbarazzante che ben conosciamo.&nbsp;Fino a quando le fake news rimangono chiuse all&rsquo;interno di un circuito ironico non dobbiamo preoccuparci pi&ugrave; di tanto. Il problema &egrave; quando riguardano settori della vita pubblica, perch&eacute; possono seriamente minare la facolt&agrave; di scelta delle persone, come sta ormai accadendo.Uno dei compiti della democrazia &egrave; quello di consentire a ognuno di noi di essere in grado di effettuare la miglior scelta possibile e quindi di elevare il livello di competenza dei pi&ugrave;. Ma questa funzione sta svanendo. &Egrave; come se fossimo entrati in una Matrix della disinformazione: una macchina infernale in cui la menzogna non ha una contropartita. Il tentativo di questo progetto &egrave; proprio quello di una opposizione etica ed ideale. Ora che il seme del progetto &egrave; stato piantato, quale immagina possa essere il suo profilo operativo? Come avete pianificato di muovervi in tal senso?A livello legislativo nazionale &egrave; stato fatto ben poco per contrastare le fake news e tutti i tentativi sono comunque andati in direzione opposta, ovvero partendo da un controllo ex ante e non ex post: contattare il Cnaipic (polizia postale) per segnalare le bufale. Un meccanismo farraginoso che non porta assolutamente a nulla. La nostra forza &egrave; che utilizzando la blockchain il sistema di tracciatura delle fake news sar&agrave; molto semplice e chiaro.TrueInChain ha un obiettivo ambizioso, quello di essere un futuro&nbsp;validatore di notizie. Il primo passaggio &egrave; rivolto alla creazione di una community con particolare riferimento al mondo dei debunker. A questo si aggiunge un sistema di incentivi per i debunker che aderiranno al progetto. Insieme possiamo rendere un po&#39; pi&ugrave; complicata la vita ai fabbricatori e divulgatori di bufale. Uno dei relatori dell&rsquo;evento di presentazione &egrave; Michelangelo Coltelli che rappresenta, insieme a&nbsp;<a href="http://www.attivissimo.net/" rel="nofollow" target="_blank">Paolo Attivissimo</a> e&nbsp;<a href="https://www.davidpuente.it/blog/" rel="nofollow" target="_blank">David Puente</a>, uno dei maggiori debunker attivi nel nostro Paese e che conosce benissimo le difficolt&agrave; del debunking.Nel mare magnum dell&#39;informazione si perde traccia di chi ha promulgato la bufala, non c&#39;&egrave; uno scoring e soprattutto le notizie sono modificabili una volta pubblicate. Ecco che entra in gioco la blockchain, il punto di forza del progetto, che rende tracciabile, verificabile e immodificabile l&#39;incubatore di notizie.TrueInChain quindi &egrave; solo l&#39;inizio di un percorso operativo gi&agrave; in atto, fatto di pi&ugrave; passaggi e che si concretizzer&agrave; in una startup innovativa. Siamo giovani e un po&#39; folli, di quella follia che ci fa credere che sia possibile lottare per una libera informazione &quot;vera&quot; e che sia anche possibile essere imprenditori innovativi nel nostro Paese partendo da un&#39;idea. Il termine blockchain &egrave; oggi molto abusato. Sta diventando l&#39;ennesima parola di moda per attirare l&#39;attenzione mediatica?Le novit&agrave;, soprattutto se hanno un termine in inglese, vengono offerte&nbsp;come soluzione&nbsp;a ogni problema. La blockchain per&ograve; &egrave; veramente rivoluzionaria, assolve a una duplice funzione: mantenere i dati in modo sicuro e avere una loro tracciabilit&agrave; perpetua. La sua applicabilit&agrave; &egrave; enorme e tocca moltissimi campi.&nbsp;Per quanto ci riguarda, il nostro obiettivo &egrave; appunto inserire in una blockchain tutte le notizie che sono state verificate come oggettivamente false in modo da tenere uno scoring delle persone/giornali &ldquo;professionisti&rdquo; del falso, premiando al contempo i debunker e quanti contribuiranno a questa tracciabilit&agrave;. Il fenomeno bufale &egrave; stato a lungo sottostimato, tollerato e manipolato. Adesso &egrave; lampante quanto sia pericolosa la deriva dell&#39;informazione, in cui i confini tra falsit&agrave; e verit&agrave; non sono pi&ugrave; cos&igrave; definibili: non esiste pi&ugrave; l&#39;autorevolezza della fonte e i social hanno aumentato la confusione nella divulgazione delle notizie. Si sta finalmente comprendendo quanto sia facile essere condizionati e manipolati?Le fake news sono la conseguenza di molti elementi che si concatenano fra di loro. Siamo arrivati a un punto critico, di crollo dell&rsquo;educazione e della funzione scolastica. Il punto finale &egrave; l&#39;attuale destrutturazione della persona che causa una carenza nella capacit&agrave; di lettura del mondo e della sua complessit&agrave;.Che ci piaccia o no, siamo masse plagiate, in cui vige un efficientissimo controllo della rabbia, per contenerla e veicolarla verso sacche pi&ugrave; gestibili come i social. La manipolazione &egrave; cosa antica: il sociologo Vance Packard nel suo saggio&nbsp;I persuasori occulti del 1957 parla di personaggi che &ldquo;studiano segretamente le nostre segrete debolezze e vergogne nell&rsquo;intento di influenzare pi&ugrave; efficacemente il nostro comportamento&rdquo;; Edward Bernays in&nbsp;Propagandadice che &ldquo;noi siamo in gran parte governati da uomini di cui ignoriamo tutto, ma che sono in grado di plasmare la nostra&nbsp;mentalit&agrave;, orientare i nostri&nbsp;gusti, suggerirci cosa&nbsp;pensare&rdquo;; e ancora, Gustave Le Bon in&nbsp;Psicologia delle follescrive che &ldquo;le folle non hanno mai avuto sete di verit&agrave;. Dinanzi alle evidenze che a loro dispiacciono, si voltano da un&#39;altra parte, preferendo deificare l&#39;errore, se questo le seduce. Chi sa illuderle, pu&ograve; facilmente diventare loro padrone, chi tenta di disilluderle &egrave; sempre loro vittima&rdquo;.Si potrebbe continuare a lungo per confermare l&#39;indiscutibilit&agrave; del dato di fatto: siamo folla e, per dirla alla Byung-Chul Han, grazie al digitale la nuova folla &egrave; divenuta &ldquo;sciame&rdquo;, senza anima e senza spirito.&nbsp;Come si vede questo gioco oggi &egrave; diventato ancora pi&ugrave; facile, anzi meglio dire che noi stessi facilitiamo il trucchetto della manipolazione. Siamo diventati dei gran narcisi, ci autocondanniamo a una iper-rappresentazione della nostra immagine. Il filosofo tedesco Thomas Macho parla di &ldquo;societ&agrave; facciale&rdquo;, che produce senza sosta immagini di volti in ogni angolo; basta guardarsi intorno e vedremo volti affissi ovunque. Noi non vogliamo essere da meno (e l&#39;abuso dei selfie lo testimonia), ma ai volti abbiamo sostituito le maschere adatte al momento, un po&#39; come alle notizie abbiamo sostituito le bufale. Dopotutto Calvino definiva la maschera &ldquo;ci&ograve; che fa di un volto il prodotto della societ&agrave; e della sua storia&rdquo;. Il recente attacco a Douma in Siria ha portato alcuni addirittura a&nbsp;chiedersi &ldquo;&egrave; successo davvero o &egrave; una fake news?&rdquo;. L&#39;informazione &egrave; alla merc&eacute; di troll e siti web finalizzati alla distorsione della realt&agrave;. In questa eterna confusione mediatica uno strumento democratico come internet, che consente il libero accesso alle informazioni ovunque e a chiunque, sta invece mettendo a rischio la stessa democrazia?La democrazia digitale permette nel concreto di mettere sullo stesso piano l&rsquo;opinione di un esperto con quella di un troll/haters. Inoltre l&#39;egotismo che affligge la nostra societ&agrave; fa credere che la propria opinione valga su tutte le altre. Forse &egrave; il momento di mettere fine a questa confusione, rimettiamo le cose al posto giusto in base al loro valore. La tecnologia avanza ma sembra che il pensiero critico e la consapevolezza vengano compromesse dalla sempre maggiore potenza degli strumenti a disposizione. Quale pu&ograve; essere il valore aggiunto di un progetto come TrueInChain?La maggior parte dell&rsquo;informazione si muove all&#39;interno della catena della diffusione di notizie create ad hoc nella &ldquo;logica illogica&rdquo; della piramide dell&rsquo;informazione:&ldquo;una fonte originaria&rdquo;, rappresentata da istituzioni e agenzie di stampa, diffonde una notizia che verr&agrave; poi trasmessa a cascata &ndash; senza alcuna verifica &ndash; da giornali, televisioni e riviste. Obbligati per fini commerciali a inserirsi in un flusso, cio&egrave; il &ldquo;trend topic&rdquo;, questi mezzi di comunicazione si rivolgono direttamente alla base, plasmando quella che viene impropriamente detta &ldquo;opinione pubblica&rdquo;. Il meccanismo &egrave; talmente semplice che a fabbricare una notizia, vera o falsa, ci vuole davvero poco. In tutto questo il valore aggiunto di un progetto come il nostro &egrave; lo stesso del valore aggiunto di una filiera agroalimentare: sapere esattamente cosa si sta mangiando, che sia per il corpo o per la mente. [tratto da <a href="https://www.forbes.it/sites/it/2018/05/04/fake-news-blockchain-franco-truechain/#73c69cb6d0b4">https://www.forbes.it/sites/it/2018/05/04/fake-news-blockchain-franco-truechain/#73c69cb6d0b4</a>]

L'incatenatore di fake news

Dopo circa un anno di ricerca arriva la conferma che in tanti si aspettavamo: le fake news sono in grado di propagarsi con una velocit&agrave; e con una viralit&agrave; molto pi&ugrave; elevata rispetto alle notizie vere. A rilevarlo &egrave; stata una ricerca pubblicata su &quot;Science&quot; e condotta dal Massachusetts Institute of Technology (Mit) sulla piattaforma di Twitter. Lo studio si &egrave; concentrato sui messaggi e sulle condivisioni (retweet) pubblicate dagli utenti online americani nel periodo che va dal 2006 al 2017.La ricerca, come rileva uno degli autori, Sinan Aral, ha dimostrato che le &quot;bufale online&quot; si diffondono 6 volte pi&ugrave; velocemente rispetto alle notizie vere e hanno il 70% in pi&ugrave; di probabilit&agrave; di essere condivise. Assume un significato molto importante il rapporto tra la creazione delle fake news e la possibilit&agrave; di condivisione, ampiamente enfatizzato dalla natura dei social media.Su questo aspetto ha aperto il dibattito il Prof. Mario Morcellini, commissario Agcom e studioso dei media, spiegando che &quot;l&#39;utente &egrave; pi&ugrave; portato a condividere che a scrivere di suo pugno un pensiero su un tema qualsiasi, come se tale atteggiamento risultasse da un lato meno colpevolizzante e dall&#39;altro pi&ugrave; vicino alle proprie esigenze in rete, che si traducono quasi sempre nel recepire conferme ai propri pensieri polarizzando le proprie posizioni.&quot;Se nel 2016 la parola dell&#39;anno &egrave; stata Post-truth, nel 2017 non poteva che essere fake news. I due fenomeni sono infatti indissolubilmente legati: le bufale online hanno creato nel web un ambiente informativo distorto, popolato da una comunicazione incentrata sull&#39;emotivit&agrave; piuttosto che sulla ragione.La conseguenza della proliferazione delle fake news &egrave; stata quella di condurre l&#39;opinione pubblica verso il sentiero seducente e immediato della post-verit&agrave;. L&#39;inquinamento dell&#39;informazione online da parte di notizie false e sediziose sta avendo un impatto sulla nostra democrazia dalla portata incalcolabile. Sulla rete nascono community, strutturare intorno a temi (immigrazione, medicina alternativa, complottismo) e personaggi (Putin, Mussolini), che riescono a essere pi&ugrave; virali e coinvolgenti rispetto ai principali organi di stampa e alle organizzazioni politiche. La rapidit&agrave; di propagazione delle fake news e la connaturata capacit&agrave; di attrazione non riescono a trovare argine tramite un quadro normativo o tecnologico.Le leggi sono irreparabilmente troppo lente e gli algoritmi ancora poco sofisticati per arginare la proliferazione di fonti che spacciano bufale online.<iframe allowtransparency="true" frameborder="0" height="548" scrolling="no" src="https://www.facebook.com/plugins/post.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fiasspitalia%2Fposts%2F1689020467848654&width=500"></iframe>Tra i vari progetti italiani nati per contrastare il fenomeno fake news, oltre a quello della Fondazione Ibsa sulla comunicazione medico-scientifica, &egrave; stato lanciato da Marco Franco (segretario generale IASSP) e Niccol&ograve; Russo TrueInChain, la prima start-up a sfruttare le potenzialit&agrave; delle blockchain.Questa tecnologia permette la creazione e gestione di grandi database costruiti dalle condivisioni di informazioni tra pi&ugrave; nodi di una rete. Si tratta di un database strutturato in blocchi che sono tra loro collegati in rete in modo che ogni informazione avviata sulla rete debba essere validata dalla rete stessa nell&#39;analisi di ciascun singolo blocco. Come viene spiegato dai creatori di TrueINChain &quot;utilizzando la blockchain &egrave; possibile tracciare le fake news in un click. Creando una community, con particolare riferimento al mondo dei debunker, si uniranno forze sinora sparpagliate e lasciate alla buona volont&agrave; personale.&quot;In un sistema informativo dove le notizie sono modificabili e si perde continuamente traccia dei fabbricatori di bufale TrueInChain prover&agrave; a realizzare nel tempo un database, costruito da una community di esperti, con lo scopo di rendere pubblica una blacklist delle peggiori fake news spacciate nel panorama italiano.Il progetto potrebbe rivelarsi molto efficace perch&eacute; prova a sfruttare, in maniera positiva, quelle potenzialit&agrave; del web -condivisione, community online, competizione e viralit&agrave;- che hanno reso fino a oggi invincibile le fake news. [tratto da&nbsp;<a href="https://www.huffingtonpost.it/guido-petrangeli/trueinchain-arriva-la-blacklist-pubblica-dei-fabbricatori-di-bufale_a_23433974/">https://www.huffingtonpost.it/guido-petrangeli/trueinchain-arriva-la-blacklist-pubblica-dei-fabbricatori-di-bufale_a_23433974/</a>]

TrueInChain, arriva la blacklist pubblica dei fabbricatori di bufale

Andare a caccia di notizie false costringe a molti interrogativi. Domande che sono precedenti alle fake news in s&eacute;, che non riguardano la capacit&agrave; di verifica delle fonti, di individuazione di qualche troll vagante o dei magheggi &nbsp;messi in atto per manipolare, distorcere e maltrattare il dato di fatto. Prima di ogni analisi, giudizio e considerazione chiediamoci: come &egrave; possibile che un fenomeno come le fake news sia diventato ingestibile? perch&eacute; l&rsquo;homo digitalis nella declinazione social &egrave; molto pi&ugrave; insipiens che sapiens? C&rsquo;&egrave; infatti da comprendere dove sia finita la capacit&agrave; di discernimento, quel vedere chiaro con l&rsquo;intelletto che &egrave; lo strumento pi&ugrave; potente che ognuno ha per distinguere il vero dal falso, per discernere &laquo;ove si va&raquo; quando la notte &egrave; &laquo;s&igrave; buia e s&igrave; oscura&raquo;, come scrive Boccaccio nel Decameron. Don&rsquo;t Believe the Hype cantavano i Public Enemy negli anni Ottanta. Don&rsquo;t believe the hype! non credete a ci&ograve; che si dice, non fatevi ingannare. Purtroppo le bufale ci confermano quanto sia facile fare partire il click compulsivo, per superficialit&agrave;, per rabbia, per ignoranza. C&rsquo;&egrave; un bel libro di un centinaio di pagine del filosofo Byung-Chul Han, Nello sciame, che mette in luce come oggi il socius abbia lasciato il passo al solus: &laquo;Non la moltitudine, quanto piuttosto la solitudine contraddistingue la forma sociale odierna, sopraffatta dalla generale disgregazione del comune e del collettivo&raquo;. Forse che sia proprio qui il punto dolente? Nella comunicazione de-medializzata, in cui ciascuno pu&ograve; produrre e diffondere opinioni e informazioni. &laquo;L&rsquo;ho visto su Facebook!&raquo;, &egrave; stato il mantra degli ultimi tempi. Tutti attori di una scrittura collettiva che progressivamente si &egrave; discostata dalla realt&agrave; reale, un blob abnorme, una somma infinita di parole che producono un rumore costante. Chiasso, nel quale tutto si mescola e confonde. Ripetiamolo e ripetiamocelo, prima di qualunque discorso sulle fake news, guardiamoci dentro e cerchiamo di essere onesti con noi stessi, a faccia a faccia con quell&rsquo;Io che custodiamo sotto la pelle. Un Io sempre pi&ugrave; fagocitato dall&rsquo;Ego, da quell&rsquo;infatuazione eccessiva della propria immagine. L&rsquo;egocentrismo non ha pi&ugrave; ritegno, va a nozze con gli strumenti digitali. Qualche crepa alla capacit&agrave; di consapevolezza &egrave; avvenuta e oggi respiriamo un nuovo straniamento, estremizzato e amplificato; un nuovo tipo di estraneit&agrave; dell&rsquo;uomo alla sua pi&ugrave; vera e autentica essenza. L&rsquo;alienazione social, fatta di apparenze, una iperbole dell&rsquo;uomo massificato descritto da Ortega Y Gasset negli anni Trenta: &laquo;banale, superficiale,vive in modo dozzinale e gregario, fugge problemi inquietanti, curioso che non approfondisce nulla, evade responsabilit&agrave;, incapace di pensare in proprio, di riconoscere il carattere tragico della propria esistenza. Anonimo, conformista, acritico, puerile, volgare, filisteo, generico che ragiona per luoghi comuni&raquo;. Solo la conoscenza ci pu&ograve; salvare, ripartiamo da questo.

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